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Ep. 258 - Papale papale - "Società"

Giovanni XXIII,

I turbamenti che scuotono la pace interna delle nazioni traggono origine principalmente proprio da questo, che l'uomo è stato trattato quasi esclusivamente da strumento, da merce, da miserevole ruota di ingranaggi di una grande macchina, semplice unità produttiva. Solo quando si prenderà come criterio di valutazione dell'uomo e della sua attività la sua dignità personale, si avrà il mezzo per placare le discordie civili e le divergenze, spesso profonde, fra datori di lavoro, per esempio, e lavoratori, e soprattutto per assicurare all'lstituto familiare quelle condizioni di vita, di lavoro e di assistenza, atte a fargli meglio svolgere la sua funzione di cellula della società e prima comunità da Dio stesso costituita per lo sviluppo della persona umana. No: la pace non potrà avere solide fondamenta, se nei cuori non si alimenti il sentimento della fraternità, quale deve esistere fra quanti hanno una medesima origine, e sono chiamati ai medesimi destini. La consapevolezza di appartenere ad una unica famiglia estingue nei cuori la bramosia, la cupidigia, la superbia, l'istinto di dominazione sugli altri, che sono la radice dei dissensi e delle guerre; essa stringe tutti in un vincolo di superiore e generosa solidarietà.

Giovanni Paolo I,

Piuttosto, che cosa fare per migliorare la società? Io direi: ciascuno di noi cerchi lui di essere buono e di contagiare gli altri con una bontà tutta intrisa della mansuetudine e dell'amore insegnato da Cristo. La regola d'oro di Cristo è stata: « non fare agli altri quello che non vuoi fatto a te. Fare agli altri quello che vuoi fatto a te. Impara da me che sono mite e umile di cuore ». E lui ha dato sempre. Messo in croce, non solo ha perdonato ai suoi crocefissori, ma li ha scusati. Ha detto: « Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno ». Questo è cristianesimo, questi sarebbero sentimenti che messi in pratica aiuterebbero tanto la società.

Paolo VI,

Onoriamo oggi la famiglia. (...) Ci piace vedere la prima società umana, istituita appunto dalla bontà creatrice di Dio, la società dell’amore, del dono di due esseri umani fatti uno per l’altro per essere una vita sola in comunicazione di sentimenti, di affetti, di convivenza, di collaborazione, di reciproco aiuto, sorgente di mutua felicità, così destinati alla mutua dilezione da rispecchiare e da realizzare fra loro, se cristiani, la carità di Cristo per l’umanità a Lui unita e da Lui redenta, la Chiesa, una presenza cioè sacramentale santificatrice della grazia. Salute a voi, care, buone, sante famiglie, unite, compaginate dall’amore, pienezza dei cuori umani, nido sacro e gentile della vita nuova, dell’esistenze destinate all’immortalità, dei figli, della società in continuo cammino verso il suo sviluppo e verso i suoi superiori destini.

Francesco,

Non possiamo accettare che la nostra società smetta di essere generativa e degeneri nella tristezza. Quando non c’è generatività viene la tristezza. È un malessere brutto, grigio. Non possiamo accettare passivamente che tanti giovani fatichino a concretizzare il loro sogno familiare e siano costretti ad abbassare l’asticella del desiderio, accontentandosi di surrogati privati e mediocri: fare soldi, puntare alla carriera, viaggiare, custodire gelosamente il tempo libero… Tutte cose buone e giuste quando rientrano in un progetto generativo più grande, che dona vita attorno a sé e dopo di sé; se invece rimangono solo aspirazioni individuali, inaridiscono nell’egoismo e portano a quella stanchezza interiore. Questo è lo stato d’animo di una società non generativa: stanchezza interiore che anestetizza i grandi desideri e caratterizza la nostra società come società della stanchezza! Ridiamo fiato ai desideri di felicità dei giovani! Sì, loro hanno desideri di felicità: ridiamo fiato, apriamo il cammino.

18 settembre 2024